Archivio della Categoria 'Eventi'

BUONA PASQUA

domenica 31 Marzo 2013

Con l’augurio che la Pasqua porti la gioia in ogni cuore.

Vi dedico la poesia  della poetessa   Anna Maria De Ghisi. 

 fiori-primaverili

CANTARE ” ALLELUIA”

Nuvole rosa sull’ultima neve delle cime.    

Occhi di primule e genziane

stupiscono nel sole.  

Da fondali marini e dalla terra

si libera la vita  in tremolii di gemme.  

Più  immenso è il cielo popolato d’ali,

voci di campane  irrompono

tra mandorli  fioriti

e la farfalla  gioca a mosca cieca.

E ‘dolce sentire

la carezza della rama d’ulivo

chè   libera da pensieri inquieti.

Ora che  il gelo è disciolto

e su la tristezza

fiorisce la gioia del creato,    

potesse il mondo umano

accordarsi con la primavera

e cantare “Alleluia ”   

ANNA MARIA DE GHISI

pulcino

Il giorno della memoria – racconto da Una vita segnata – Goti Bauer

lunedì 28 Gennaio 2013

Goti Bauer, residente a Fiume, fu arrestata in provincia di Varese con il padre, anziano ed infermo ed il fratello, mentre cercavano di attraversare il confine italo-svizzero; rinchiusa nel campo di Fossoli, venne deportata ad Auschwitz. Fu liberata a Theresienstadt il 9 maggio 1945

Da libro di Goti Bauer, Una vita segnata, in Voci della Shoah, Firenze, 1996.

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” Dicevano che eravamo diretti ad un campo di lavoro; come avremmo potuto credere che dei bimbetti, dei neonati, dei malati servissero a questo scopo? Alle nostre domande non venivano date risposte plausibili; non era importante convincerci, era importante tenerci tranquilli perché non esplodesse il panico .

Eravamo stretti come sardine, più di cinquanta per vagone, ogni giorno più disperati, più rassegnati. Ricordo il ribrezzo per i primi pidocchi che ci trovammo addosso, le cimici intorno. Lo sferragliare del treno copriva i singhiozzi sommessi delle madri, non i pianti disperati dei bimbi. Avevano fame, avevano tanta sete, non avevano il minimo spazio per muoversi. Ricordo la  folle tentazione di fuggire che mi prese ad Ora, prima del Brennero, dove ci fecero scendere per qualche momento. Non osai. Cosa sarebbe successo agli altri, ammesso che vi fossi riuscita? Sì, perché secondo il codice nazista per ogni infrazione non pagava solo il colpevole ma quanti gli stavano intorno .

Il viaggio durò una settimana, la sera del 22 maggio arrivammo a Birkenau .

C’erano  anche le guardie SS con i cani lupo a controllare che tutto funzionasse e che la disciplina fosse rispettata. Quei cani erano addestrati apposta per azzannare i trasgressori.

La mia squadra fu per un certo tempo adibita alla bonifica di terreni paludosi sulle rive della Vistola. Il luogo era a parecchi chilometri da Birkenau: vi andavamo a piedi, in fila per cinque e guai a chi non teneva il passo. Dovevamo prosciugare la zona acquitrinosa, svuotandola a palate dalla melma e riempiendola di ghiaia che altre prigioniere ricavavano macinando pietre in grosse trituratici azionate a mano.

Qualche settimana dopo ci mandarono più lontano, a molti chilometri di distanza da Birkenau. Ci portavano nei camion, dovevamo approntare strutture difensive per l’esercito del “grande Reich”, in vista del fronte russo che si stava avvicinando. Eravamo nell’agosto del 1944 ed era già in atto la ritirata tedesca. Scavavamo trincee, un lavoro pesantissimo che diventava di giorno in giorno più tremendo via via che le condizioni climatiche peggioravano. In Polonia l’autunno e poi l’inverno arrivano molto prima che da noi, per cui al freddo, sotto l’acqua, vestite di stracci, con le SS sul bordo della fossa a controllare che la pala fosse abbastanza piena, era un indescrivibile supplizio. Non ci pensavano due volte ad aizzarti contro il cane e quando succedeva, la malcapitata veniva riportata al campo a braccia e quasi mai sopravviveva. In lontananza vedevamo una bianca casetta di contadini. Sembrava un miraggio, gente vi entrava, gente ne usciva: era la vita. Dal camino saliva un lieve filo di fumo: immaginavi la pentola sulla stufa, la famiglia riunita intorno al desco. Ricordo quella casa come il più grande desiderio che io abbia mai avuto: potervi arrivare, nascondermi, scaldarmi al tepore di quella stufa, passarvi il resto dei miei giorni.

A mezzogiorno c’era una sosta e ci veniva dato un mestolo di zuppa di rape. C’è chi sorseggiava quella brodaglia lentamente per farla durare più a lungo e chi invece la trangugiava in fretta perché non resisteva un minuto di più. Chissà cosa avremmo fatto per averne un altro mezzo mestolo, tanta era la nostra insaziabile fame.”

Pochissime sono le parole che si possono aggiungere al racconto di questa scrittrice, perché sorge in chi legge una profonda tristezza e ci pervade un senso di abbandono e di incredulità. La domanda é sempre la stessa: ” Come può un uomo arrivare a compiere, seppur comandato, efferatezze e violenza su altri individui, negando loro  la dignità di vivere e di morire da esseri umani ?”

Non ci sono risposte, ma soltanto la certezza che questi fatti sono avvenuti, e ancora avvengono, in altre parti del mondo, perpetrati per anni, sistematicamente, frutto di una rigorosa pianificazione da parte  di intere nazioni e uomini accecati da odio e follia, posseduti da un insano senso di supremazia. Sentimenti immondi, dilaganti, accettati e condivisi da alleati, paesi confinanti, grandi nazioni e dalla civiltà moderna, da ognuno di noi. Nient’altro che interessi economici mascherati da odi religiosi e guerre tra fazioni. Genocidi di uomini, donne, bambini e anziani gridano giustizia, rispetto e memoria da parte di noi tutti e delle nuove generazioni, affinchè il loro sacrificio non sia stato vano.

Franca

Un Natale carico di speranza

sabato 29 Dicembre 2012

Ho trovato per caso questo racconto su un Natale del 1943 scritto da Miriam Mafai e pubblicato su “La Repubblica” che ci riporta a un tempo di guerra che molti avranno vissuto, mentre per altri vive solo attraverso i racconti dei propri cari. Un Natale da ricordare nel nostro mondo di pace,  di tempi difficili e di sacrifici; rammentiamo coloro che ci hanno preceduto che hanno lottato e combattuto per consegnarci un Italia libera, unita, e responsabile.

(1) Miriam Mafai, diciassette anni nel 1943, su “La Repubblica” del 23 dicembre 2007. E’ nata a Firenze nel 1926 ed è morta a Roma nel 2012. E’ stata giornalista, scrittrice e politica italiana; tra i fondatori della “Repubblica” e per trent’anni compagna di Giancarlo Pajetta, lo storico esponente del Pci.

Un altro Natale triste. A Roma il Comando tedesco ha spostato il coprifuoco di due ore, dalle 19 alle 21. Non c’è stata la messa di mezzanotte. C’è freddo, c’è fame, c’è paura. E il messaggio natalizio di papa Pio XII non rincuora gli animi. Ci si chiede: come andrà a finire?

E’ Natale. Di Natali di guerra ce ne sono stati già tre, ma questo è più triste degli altri, alla fine di un anno pieno di speranze e poi di delusioni, di felicità e poi di sconforto. Non c’è più certezza di niente. La guerra invece di terminare continua. E come andrà a finire? Molti si domandano da che parte stare: dalla parte degli inglesi e degli americani o dalla parte dei tedeschi e dei fascisti? I più hanno scelto di stare dalla parte della democrazia; ma molti hanno scelto, per ora, di stare dalla parte di prima. Non si sa mai. E poi si è più sicuri, con i fascisti che sono tornati e fanno i gradassi, peggio di come hanno fatto per vent’anni. C’è il coprifuoco; non c’è stata la messa di mezzanotte. A messa i fedeli sono andati stamani e il sacerdote ha parlato del messaggio natalizio del papa. E’ un messaggio lunghissimo, una pagina e mezzo dell’”Osservatore Romano’. C’è un sunto sui giornali, ma, a differenza dello scorso anno, il sunto non è brevissimo ed è in prima pagina, non in una pagina interna. Il titolo del “Corriere della sera” è “Non c‘è pace senza giustizia”, il titolo della “Stampa” “Invocazione del papa per la
giustizia dei popoli”. Tutti e due i giornali hanno usato nel titolo la parola “giustizia”; del messaggio del papa hanno ripreso un monito che è un presagio a un mondo non più in guerra. “A Villa Borghese” racconta Miriam Mafai (1) pascolavano le pecore e le aiuole di Roma (anche quella di piazza Venezia) erano state trasformate in miserabili ‘orti di guerra’. Al1e sette di sera scattava il coprifuoco. I portoni delle case si chiudevano. Si  chiudevano le finestre dalle quali non doveva trapelare nemmeno una lama di luce. Le strade erano buie e deserte. Dopo le sette di sera potevano circolare soltanto i militari, fascisti o tedeschi, e i civili che avessero un permesso speciale, i tipografi, i medici, gli infermieri. “Ma per Natale ci fu una novità. Il comando tedesco ordinò lo spostamento del coprifuoco dalle sette alle nove di sera. Per tre giorni, 24, 25 e 26 dicembre, avremmo potuto godere di due ore di libertà in più. E noi ci godemmo  quelle due ore di libertà in più andando alla ricerca di carrube e mosciarelle (le castagne secche che potevano essere masticate per ore), che avrebbero sostituito
sulla tavola natalizia i dolci di una volta. “La casa che l’amico collezionista ci aveva affidato era grande e bene arredata, conservava il ricordo di lontane feste e ricevimenti ai quali noi non avevamo partecipato. E all’improvviso ci venne in mente di festeggiare il nostro Natale del 1943. Chiamando a raccolta, per quella sera, i nostri amici più cari. Nonostante il freddo, la fame, la paura. Mia madre venne convinta a
sacrificare, per l’occasione, un mastello di marmellata gelosamente conservato da tempo immemorabile. Le patate, nascoste da me in cantina, avevano messo i germogli e passammo un intero pomeriggio a ripulirle.

La cena, decidemmo, doveva essere una vera cena, alla quale tutti avrebbero contribuito portando qualcosa: un mezzo chilo di pasta, una mezza bottiglia d’olio, una scatola di pomodori. Delle arance. Del pane. Del formaggio. E vino, in abbondanza. E cena fu, come avevamo deciso. “Non ricordo se mia madre accese anche quell’ anno il candelabro a nove braccia che era stato del padre rabbino a Kowno. Ma ricordo la nostra allegria, la sicurezza con la quale tutti, un po’ ubriachi; brindammo abbracciandoci all’ultimo Natale di guerra. Non era solo una speranza. Eravamo sicuri che l’anno successivo non ci sarebbero stati più tedeschi a Roma. Era la nostra
scommessa di adolescenti, impegnati da mesi a distribuire giornaletti clandestini e a scrivere di nascosto sui muri «abbasso i tedeschi». Ed eravamo sicuri di avere ragione, sicuri che alla fine avremmo vinto noi. Eravamo giovani… Il più vecchio tra noi, Maurizio Ferrara, aveva ventidue anni. E aveva appena compiuto i vent’anni Maria Antonietta Macciocchi, responsabile delle donne comuniste dalla nostra zona, che mi aveva ordinato «se ti fermano mentre hai l’Unità in borsa, devi mangiarla anni, aveva avuto il compito di cucire, per il giorno della liberazione, una quantità di coccarde
tricolori. La Resistenza era per noi un’ avventura, un gioco, una sfida. Dalla quale eravamo sicuri di uscire vincitori (la bella sicurezza di essere nel giusto che pian piano, negli anni della maturità, avremmo perduto).
“Così un Natale di freddo, di fame, di paura si trasformò (e tale è rimasto nella mia memoria) nel più bel Natale della mia vita, di amicizia; di festa e di speranza. All’alba, appena possibile, uscimmo tutti assieme. Arrivammo fino al Pincio. Faceva un gran freddo e i nostri cappotti erano miserabili. Sotto di noi la piazza era vuota. Eravamo ubriachi e felici. Sicuri di avercela fatta. E, dopotutto, avevamo ragione. Su quella piazza, solo qualche mese dopo, vedemmo arrivare i primi carri armati inglesi e americani”.

Franca.

18-08-1937

Auguri di Buon Natale!

martedì 25 Dicembre 2012

Il Magico Natale, quello della gioia, dell’euforia, dell’attesa, dei canti alla Novena, del profumo d’incenso, degli occhi scintillanti dei bambini, con il nasino attaccato alle vetrine per scegliere il giocattolo preferito, il Natale dei cappelletti fatti in casa, del presepe allestito sulla cassapanca, dell’albero scintillante, é tornato ancora una volta. E’ arrivato in punta di piedi, senza rumore, ovattato pur senza neve, con le sue luci soffuse, luminarie poche, negozi aperti anche il Santo Giorno con poche clienti all’interno, alternati a tanti esercizi che non sono soppravvissuti alla crisi globale che ci ha travolti tutti.

E’ desolante vedere chiudere attività storiche, presenti da anni sul territorio, conosciute, stimate, che hanno dovuto arrendersi, non per soppraggiunti limiti di età, ma per una serie di fattori che tutti conosciamo: calo dei consumi, dovuto alla mancanza di circolante, pesanti tasse da pagare, costi elevati di affitti e materie prime, personale ed energia. E non si vede via di uscita!

Leggevo su un trattato di agricoltura, che negli anni 30 era stata indetta la battaglia del grano, di cui mia madre mi racconta l’orgoglio contadino nel partecipare a questa iniziativa, per favorire l’ ammasso del grano e delle derrate alimentari, a prezzi sostenuti dal governo al fine di radicare una politica che sarebbe stata utile in tempi di guerra. Quindi si voleva specificatamente educare la popolazione all’accumulo delle derrate, oltre al rilancio dell’economia. Da qui gli storici affermano che quindi negli anni 30 il governo lavorava per una futura entrata in guerra, senza che lontanamente la popolazione fosse informata del suo programma.

Mi chiedo pertanto, se i nostri governanti possiedono una politica lungimirante, di ampio respiro, seppur sconcertante come quella degli anni 30 per certi versi, ma che tenga conto di sviluppi futuri, di piani industriali, di possibili evoluzioni societarie, che sia vicina alle esigenze dei cittadini e dei loro problemi, che crei le premesse per un futuro di lavoro per i nostri giovani. E la risposta é decisa: “NO” !

Se i nostri governanti vivessero i problelmi reali di tutti i giorni, se avessero l’umiltà di confrontarsi con i cittadini, si accorgerebbero delle situazioni drammatiche che si stanno moltiplicando nel nostro Paese.

Vorrei che in questi giorni di festa, di fronte all’immagine del Bambino Gesù, i nostri rappresentanti politici, ma anche ciscuno di noi, ritrovassimo il senso di responsabilità che guida ogni nostra azione.

Non siamo isole, siamo collegati l’un l’altro, pertanto ogni nostra azione ricade sugli altri direttamente o indirettamente e una canzone di qualche anno fa recitava: ” ….gli altri siamo noi!!!”.

E un ultimo desiderio sotto l’albero: riscoprire l’orgoglio di essere italiani, senza divisioni, uniti, persone creative capaci di risollevarsi sempre, portatori di umorismo e genialità, custodi di un Paese meraviglioso dal Nord al Sud, ricco di cultura, storia, tradizioni millenarie, accoglienza, buona cucina. Su questi basi dovremmo puntare per ripartire e CRESCERE.

Un augurio sincero di Buon Natale e Felice 2013 a Voi e alle vostre famiglie.

Franca.

Ps. Cliccare sulla scritta sottostante e aprire finestra, un video dedicato a tutti noi.

Merry Christmas

Lettera a Babbo Natale

venerdì 21 Dicembre 2012

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Il ricordo del passato ci procura una grande tenerezza, ci dà il coraggio per il presente e mantiene forte la speranza per il futuro.

E’ con dolcezza che ripercorro il periodo  di Natale di quand’ero piccola, sapevo appena scrivere, e a Natale nella nostra famiglia si usava scrivere la letterina al papà. Piena di buoni propositi, di scuse per le marachelle dell’anno che stava per finire e colma di affetto come solo i bambini sanno donare.  Si metteva, a tavola apparecchiata,  sotto l’ultimo piatto, in modo che a fine pranzo ci fosse la sorpresa.  E ogni anno si rinnovava questa complicità di stupore e reciproca sorpresa.

Credo ancora nella magia del Natale e nella possibilità che i desideri si  possano avverare. e  riprovo a scrivere una lettera a Babbo Natale.

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Caro Babbo Natale,

so che esisti perché sei uno di noi, anzi sei tutti noi.

Vivo in un paese che di piccolo ha ormai solo il ricordo, non sono più una bambina , di Natali ne ho già trascorsi tanti , e vorrei innanzitutto fare una premessa.

L’anno scorso ti avevo pregato di realizzare alcuni desideri:

–       Rinforzare la fede per sentirci tutti più vicini alla chiesa, risparmiandoci dolori e sofferenze: hai sostituito due sacerdoti con uno solo.

–       Curare e dare sollievo  agli ammalati: hai fatto aprire due nuove farmacie.

–       Portare più equità sociale: hai permesso di introdurre nuove tasse con le quali se ne sono andate la tredicesima mia e di mio marito.

–       Ti avevo chiesto di ridurre il traffico e l’inquinamento: hai fatto aggiungere nuove rotonde, belle, grandi e spaziose togliendo all’automobilista l’opportunità per cacciarsi le dita nel naso davanti al semaforo.

–       Volevo più diritti e lavoro per i giovani: ora tutti accampano diritti, tutti vogliono e pretendono, pochi ricordano il dovere di lavorare e mantenere il lavoro.

–       Ti ho supplicato affinché i furbi e gli opportunisti si pentissero e fossero sostituiti da uomini nuovi e onesti.: sarebbe stata la fine del mondo.

Quindi, visti i precedenti, prima di formulare nuove richieste, ho riflettuto a lungo.

– Fa in modo che questa interminabile crisi non debba essere spudoratamente fatta pagare ai soliti noti che le tasse le hanno sempre pagate, mentre chi l’ha provocata ne è rimasto immune

– Sostituisci i termini Spread, IMU, Irpef, Disoccupazione, con termini più umani che rievochino  rispetto, solidarietà ,gioia di vivere.

– Regala il miracolo dell’amore  e dell’amicizia a ogni essere umano, non dimenticare nessuno, la solitudine e l’abbandono sono una pena insopportabile per chiunque.

– Realizza un sogno impossibile: l’Italia come una grande barca  nel mare  dove tutti remano nella stessa direzione.

–       ——————————————————————————————————

Certo è che  anche quest’anno il vero miracolo del Natale si ripeterà come sempre  e sarà la magia della serenità, che solo in quel giorno si diffonde. Ognuno di noi, nel proprio inconscio, percepisce la realtà di un mistero imperscrutabile e, complice un certo timor panico, a Natale  è più buono;  tutti noi, che non siamo solo materia, diffondiamo un’energia nuova, più leggera, libera dai veleni che solitamente ci attanagliano.

La parte che in ogni vita rimane oscura: il mistero della nascita, il mistero della morte. Il mistero del male che devasta il tempo compreso tra questi due eventi. Nessuno sa perché nasce, nessuno sa quando muore, nessuno sa perché il male, come un inarrestabile inchiostro, invade con la sua oscurità ogni angolo della creazione. (S. Tamaro).

Buon Natale

Daniela Boscarato

Auguri di Natale

giovedì 20 Dicembre 2012

 

Anche quest’anno la nostra carissima
EMILIA TESTU’ ci porge i suoi Auguri con una poesia.

 

1

 

LETTERA  A GESU’ BAMBINO
Quasi un racconto per questo Natale 2012 

Caro  Gesù’ Bambino
anche quest’anno ritorna
la festa della Tua natività

Del Natale, se ne parla
in ogni occasione
dal cibo dolce, fino
alla canzone, ma
pare dimenticata la vera ragione,
che Natale, è
il giorno che sei nato
in quella lontana regione .

Per vivere, in una famiglia
come su questa terra,
ma subito emarginato
e perseguitato.

Quanto lontano è quel
tempo Gesù, come se Tu
non contassi più.

Solo le feste, se dolci e dorate
devono essere ricordate!
Ma senza parlare di Te Gesù!

Non contano più le poesie
che i bimbi hanno appreso,
che parlano di cose semplici
per questa notte d’attesa?

Caro Gesù, in questo Natale
tra le poche cose che
avevi attorno, nessuno vide
il grande amore
che eri circondato,
dalla Tua famiglia
alla quale, dal Padre
fosti affidato.

E nonostante tutte queste
difficoltà, grazie  del Tuo nascere
nella serena povertà
affinchè ogni famiglia
Ti accolga, con
gioiosa semplicità

Che la magica stella ,
che guidò pastori e magi
illumini ciascuno di noi,
a sentire, il canto degli Angeli
in quel” Gloria a Dio
nell’alto dei cieli e pace
in terra all’umanità” ,
che sia questa,
ricca di “Buona Volontà”.

Ancora grazie Gesù
affinchè questo Natale
sia, il più bell’Augurio
per questa Tua grande
famiglia Universale

EMILIA  TESTU’

 2

 

Con l’augurio che il Natale,
 possa riscaldare il cuore di tutti gli uomini grandi e piccini.

Buone Feste

Piera Camoletto

3 

de bello canepiciano (festa medievale)

giovedì 23 Agosto 2012

eccovi la locandina della festa

(spero che qualcuno mi invii anche quella della via dei sapori per poterla pubblicare)

Presentazione De Bello Canepiciano 2012 2

Gemellaggio VOLPIANO-CASTRIES – una bella realtà

giovedì 12 Luglio 2012

Dopo il soggiorno dei ragazzi Volpianesi a Castries, a metà giugno sono venuti in Italia una cinquantina di Castrioti  iscritti ad un centro culturale locale.  Superavano tutti gli “anta” ma il loro spirito e la voglia di conoscenza era straordinaria.

Come sempre  alcune persone del comitato  si sono date da fare  perchè il soggiorno risultasse piacevole,  cosa che in realtà  si è dimostrato.

Dopo una calorosa accoglienza  in Comune  e  la sistemazione in albergo  , nei giorni successivi  hanno visitato l’Abbazzia di Fruttuaria ,la Scala di Milano e il   Cenacolo, il  Ricetto di Candelo e l’isola di S.Giulio e alcune  zone di Torino, naturalmente  con momenti conviviali  molto apprezzati da tutti.

E’ stata una settimana ricca di  emozioni  e scoperte :  queste bellissime persone   che  mentre ripetevano tante volte  “merci” al momento della partenza avevano i lucciconi agli occhi  ed  esprimevano la loro riconoscenza, come  se si allontanassero da persone  care e conosciute da sempre.

BELLA REALTA’  !!!  speriamo  si possa  ripetere …….. . Intanto abbiamo conosciuto persone  nuove  e sono nate belle amicizie che continueranno nel tempo  con scritti e telefonate.

Se qualcuno vuole andare alla festa patronale di Castrie s   (3-4-5- agosto)  sul posto troverà anche la Filarmonica  e un gruppo di Volpianesi.

La mafia non esiste

mercoledì 18 Aprile 2012

Domenica 25 e lunedì 26 marzo, presso la sala polivalente, l’associazione Toto Teatro in collaborazione con l’informagiovani ha allestito una mostra multimediale con letture per tutti  e attività con le scuole. Purtroppo non sono riuscita a scriverne prima ma adesso che sono riuscita a recuperare anche qualche foto volevo fare i complimenti a questi giovani.

La mostra era particolare e veramente interessante, importante soprattutto, secondo me,  il lavoro con la scuola, ma anche gli adulti hanno  senz’altro trovato motivi di riflessione. Belle le letture come sempre. L’associazione è diventata una presenza importante in molte iniziative volpianesi, una risorsa per tutti.

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su pareti e tabelloni i post it colorati ci ricordavano i nomi delle vittime di mafia

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attività con una classe

Gli argenti esposti a Palazzo Madama

martedì 27 Marzo 2012

Una visita agli argenti, esposti a Palazzo Madama dal 16 marzo, rievoca una pagina di storia italiana di alto profilo internazionale, forse, per una gran parte di noi, abbastanza sconosciuta. L’articolo è un po’ lungo, e di questo chiedo scusa, ma vale davvero la pena leggerlo fino in fondo.

Facciamo un passo indietro nel tempo di 150 anni più uno: siamo nel 1861 e questa volta non parliamo dell’Italia, ma degli Stati Uniti d’America. Sì perché mentre in Italia si completava l’unione della Penisola, negli Stati Uniti scoppiava la guerra di secessione tra gli stati del Nord (Unionisti o yankee) e quelli del Sud (Confederati o dixie).

Quale nesso lega i due avvenimenti?

Riavvolgiamo ancora il film della storia fino ad arrivare intorno al 1830: in quegli anni nacquero, negli stati del nord dell’Unione, i primi segnali volti all’abolizione dello schiavismo. Gli stati del nord, infatti, avevano una vocazione industriale e ottime infrastrutture ferroviarie per i trasporti, mentre quelli del sud, aristocratici e militaristi, fondavano la loro economia sulla coltivazione del cotone con manodopera schiavista e sul commercio navale del prodotto.

Queste idee antischiaviste si coagularono nel 1854 con la nascita del Partito Repubblicano che ne adottò la politica: il suo candidato, Abramo Lincoln, il 6 novembre 1860 venne eletto presidente.

La nostra storia comincia proprio l’anno successivo, nel 1861: questa data diventerà molto importante per l’apprezzamento finale dell’intera storia.

Molti revisionisti non sono più totalmente d’accordo sul casus belli, ovvero che il motivo scatenante sia stato solo l’abrogazione dello schiavismo su cui si fondava l’economia del sud e la ricchezza dei proprietari terrieri, tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze storiche, si fa risalire proprio a questo fatto la nascita del conflitto.

Elemento cruciale da segnalare in questo contesto è la proclamata neutralità della Gran Bretagna, che, se pure era antischiavista, forse intravedeva nel Nord un emergente attore economico e politico di primo piano. Temendo forse una diminutio del proprio ruolo sullo scacchiere internazionale, parteggiò per i Confederati fornendo loro supporto tattico e logistico nei porti ancora sotto il suo controllo: qui infatti venivano trasformate le navi dei sudisti in vascelli da corsa: una di queste navi corsare si chiamava Alabama.

Com’è noto, vinse il Nord e nel 1865 si pose fine alle ostilità.

Tuttavia gli Stati Uniti reclamarono nei confronti della Gran Bretagna (ufficialmente neutrale, ancora una volta è da sottolineare)  soddisfazione dei danni che queste navi corsare, in particolare l’Alabama, avevano loro causato durante il conflitto. La tensione saliva anno dopo anno e uno scenario di guerra era ormai tangibilmente alle porte. Nel 1871 si risolse di affidare la soluzione del lodo ad un tribunale arbitrale composto da cinque giudici: due sarebbero stati nominati rispettivamente dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna,uno per parte, e gli altri tre scelti tra altre potenze internazionali.

Il primo, al quale fu richiesto un giudice, fu il Re Vittorio Emanuele II°! L’Italia non aveva che dieci anni di vita, sicuramente altri Stati sovrani avrebbero potuto avere maggiori chanche per essere scelti, tuttavia tale era il nostro prestigio a livello internazionale: la scelta del re cadde sul conte Federico Sclopis.

Gli altri due membri sarebbero stati forniti dalla Confederazione Elvetica dove si sarebbe insediato il tribunale e cui s’immaginava affidare la presidenza dei lavori, l’altro membro sarebbe stato indicato dall’Imperatore del Brasile.

Alla prima seduta le due parti in causa risolsero, all’unanimità, di affidare la presidenza al conte torinese: ecco quale era la statura internazionale di quell’uomo. L’anno successivo fu votata la sentenza (con la sola astensione – peraltro motivata con grande garbo e profondo rispetto – del membro inglese) che obbligava la Gran Bretagna a risarcire gli Stati dell’Unione con 15 milioni di dollari-oro dell’epoca!

Pur condannati al pagamento di un importo di così grande dimensione finanziaria, anche lo stesso esponente del governo di Sua Maestà britannica, unitamente al mondo politico internazionale, convenne sull’estrema chiarezza, la precisione e il rigore delle argomentazioni apportate.

Gli argenti del servizio Tiffany, opera di Eugène Soligny, esposti a Palazzo Madama, e con questo ritorniamo all’inizio della nostra storia, sono il ringraziamento da parte del Governo degli Stati Uniti all’altissimo profilo del nostro conte Sclopis. Anche la regina Vittoria apprezzò allo stesso modo “la dignità, dottrina, abilità e imparzialità con cui eseguì a Ginevra i suoi ardui incarichi” e   donò una fioriera degli argentieri londinesi Garrard, fornitori di corte.

Gli “Alabama Claims” ancora oggi vengono considerati un fondamento nel diritto internazionale orientato alla soluzione giudiziaria delle controversie internazionali, e sono codificati nella Carta dell’Onu. Il favore verso l’arbitrato crebbe progressivamente nel tempo. Dopo  una prima costituzione di una Corte permanente di arbitrato, si andò verso l’istituzionalizzazione al più elevato grado, realizzando la Corte internazionale di giustizia. La Corte dell’Aja è anch’essa, in misura rilevante, figlia dell’arbitrato del conte Sclopis.

Questi sono i personaggi che ci devono far andare fieri di essere Italiani.

Luciano Garombo