Archivio della Categoria 'Eventi'

VI ASPETTIAMO IN TANTI………..

giovedì 5 Maggio 2016

gruppo corale Unitre 2016SABATO 14 MAGGIO ALLE ORE 21 PRESSO LA SALA POLIVALENTE DI VOLPIANO esibizione della CORALE UNITRE / ANNI AZZURRI   a seguire

Il  GRUPPO TEATRALE UNITRE IN COLLABORAZIONE CON L’ASSOCIAZIONE TOTO presenta lo spettacolo:  PRENDI I SOLDI E SCAPPA!  SOLO UNO DI LORO LI AVRA’! .. chi?

Aperto a tutti – Ingresso gratuito.

Quando Nardò accoglieva gli ebrei in fuga

domenica 24 Aprile 2016

santa maria

“Vorrei esprimere la mia gratitudine al gran popolo italiano. Io ed altri 1.500 ebrei jugoslavi perseguiti dai nazi durante la seconda guerra mondiale siamo stati salvati dal governo italiano. Prima della fine della guerra ci hanno trasportati a Bari e dopo a Nardò, a Santa Maria al Bagno. I ricordi di quei posti hanno lasciato un’ impressione indimenticabile nella vita. La gentilezza degli abitanti, le bellezze naturali, vigne, spiagge, non dimenticherò mai ”.

” Nel Salento ci sono pezzi di storia poco conosciuti o dimenticati dai più. Il profugo ebreo Jakob Ehrlich, con queste parole, ce ne dà una conferma e allo stesso tempo riporta alla luce una bella pagina di storia di questo territorio. Una storia di accoglienza, vera. Dal 1944 al 1947 a Santa Maria al Bagno fu organizzato un grande campo profughi, conosciuto come n°34 o con la denominazione di Santa Croce. La preparazione del campo fu inizialmente opera degli inglesi, in seguito coadiuvati dall’UNRRA (United Nations Relief Rehabilitation Administration). Le istituzioni organizzarono l’accoglienza requisendo anche le case e le ville adoperate dai neritini per le vacanze, nelle quali furono ospitati i rifugiati. L’obiettivo era quello di far confluire, in un posto sicuro, la massa di profughi ebrei che fuggivano dalla persecuzione nazista.
In quegli anni Santa Maria al Bagno si trovò letteralmente invasa da questa moltitudine di fuggiaschi ( il campo arrivò a contenere sino a 3.000 rifugiati) di varie nazionalità: turchi, russi, greci, lituani, ungheresi. Uomini, donne e bambini che furono internati nei campi di concentramento e che vissero sulla propria pelle la follia nazista. Per loro Santa Maria al Bagno doveva essere solo un punto di passaggio prima di approdare nella “terra promessa”: la Palestina. Ma la permanenza si rivelò più lunga delle attese, sopratutto perché allora gli inglesi non erano favorevoli alla formazione di uno Stato di Israele.
Presto però Santa Maria al Bagno dimostrò di essere più di un “ghetto dorato”, con il mare che pareva una lastra di vetro al rispecchiare dei raggi solari, con le ville, la natura. Un paesaggio armonico che si conciliava perfettamente con la gentilezza degli abitanti del posto. Quest’ultimi non venivano da un periodo facile, era appena terminata la guerra, la maggior parte della popolazione viveva in uno stato di povertà. Ma alla fine del ’44 e per tutto il periodo di cui parliamo, la vita cominciava faticosamente a farsi strada verso una nuova normalità: le persone si riappropriavano di una vita sociale, ricominciavano le feste, i riti religiosi, il lavoro.
L’emergenza profughi che colpì in pieno il territorio e gli abitanti di Santa Maria al Bagno fu, in un certo senso, l’ultimo conto presentato dalla Guerra a Nardò. Inizialmente la diffidenza fu tanta. Volti scavati, duri, bocche chiuse, atteggiamenti schivi. Facce che parevano aver vissuto l’inferno, dal quale non ci sarebbe più stato ritorno. Questo fu il primo contatto tra due popoli coinvolti in una stessa guerra, certamente vissuta in maniera diversa , ma che adesso si trovavano insieme sotto lo stesso tetto, nella stessa piazza. La diffidenza però fu superata in fretta, lasciando il posto alla solidarietà. Presto si crearono comitive di amici formate da autoctoni e profughi, si andò insieme al mare, al cinema, a cena. Sbocciarono i primi amori, sia nel campo ( furono 400 i matrimoni tra profughi celebrati a Santa Maria al Bagno) sia tra rifugiati e neritini. Alcuni di questi rapporti sentimentali durano tutt’ora. Per le cerimonie furono messi a disposizione dalle persone del posto i loro abiti nuziali, adattati e rimessi a nuovo, un bel gesto di fraterna solidarietà.
Anche l’organizzazione dell’accoglienza da parte di chi governava fu impeccabile, sul piano materiale non mancò niente ai profughi. Inoltre, man mano che i rapporti tra le due popolazioni diventavano sempre più amichevoli, il campo veniva dotato di maggiori servizi e strutture. Insomma più che un campo sembrava un piccolo centro abitato: vi erano tre mense, due sinagoghe, un ospedale, un ambulatorio medico e uno studio dentistico. In una località ( attuale villa de Benedittis) si celebravano matrimoni, si svolgevano concerti, spettacoli teatrali e feste da ballo.
Non è un caso se a distanza di decenni quegli stessi profughi si ricordino ancora di Santa Maria al Bagno come di un posto dove sono rinati. Dopo aver visto i propri simili essere introdotti nei forni crematori, subito umiliazioni, assistito a fucilazioni di massa, a Nardò, a Santa Maria al Bagno, quegli stessi profughi hanno riscoperto di essere persone. Delle persone che adesso sono eternamente grate agli abitanti e alle istituzioni di Nardò.
Da questa gratitudine, espressa principalmente in numerose lettere di riconoscenza, la memoria di quell’esperienza è rimasta viva anche dopo la chiusura del campo. Per quell’accoglienza nel 2005 il Presidente Ciampi conferì alla città di Nardò la Medaglia d’oro al Merito Civile. Non solo. Tutte le sensazioni sopra descritte è ancora possibile viverle nel Museo della Memoria e dell’Accoglienza di Santa Maria al Bagno, gestito dall’Associazione Tic Tac. Una struttura inaugurata nel 2009 e interamente dedicata a quell’esperienza.
Lo scorso martedì , come spesso accade, il museo è stato visitato da un gruppo di ebrei. Un uomo, nato anch’egli in un campo profughi, ha pianto alla vista di alcune foto affisse sulle pareti. Girando tra le mura del museo l’emozione è palpabile, un nodo ti si stringe in gola alla vista di una carta d’identità marchiata dal Reich con una grande J rossa che stava ad indicare “Juden”, Giudeo. Tre grandi murales, ritrovati in una vecchia casa dell’epoca, raffigurano tre diversi momenti dell’odissea dei profughi: il bisogno di una patria, la lunga migrazione verso il Salento e il rifiuto di un soldato inglese di consentire l’accesso a Gerusalemme.”

Dalla lettura di questo articolo comparso su un giornale locale pugliese e scritto da Stefano Martella nel 2013, mi sorgono spontanee alcune domande:
– Com’é possibile che nel ’44, nel ’47, in un’ Italia devastata dalla guerra in corso o appena conclusa, sia stato possibile allestire un campo per 3000 profughi, in un paesino, ridente, costiero, che io ho visitato, ma comunque ancora piccolo oggi, una frazione di Nardò?
– Sicuramente gli aiuti del Piano Marshall sono stati determinanti, il dirottamento in Puglia di tante persone provate da anni di reclusione sarà stato deciso per avvicinarli alla futura destinazione in Palestina, ma la solidarietà e la vicinanza delle persone del posto, la loro accoglienza, la loro comprensione, ha fatto la differenza, ha ridato a quelle persone distrutte, senza futuro e senza passato, una ragione per tornare a vivere, per comprendere che non esiste solo un modello di persone capace di gesti efferati, senza pietà, prive di coscienza, incapaci di un gesto di pietà, la gente di questo piccolo paese ha ridato loro una SPERANZA e UNA RAGIONE PER CONTINUARE A VIVERE.

Non si sarebbe potuto ancora oggi ripetere il miracolo, dando speranza alle migliaia di persone che fuggono dalla guerra, dalla miseria, dalla violenza, fornendo loro gli aiuti necessari direttamente , facendosi carico delle loro generalità, competenze, ascoltando le loro storie, i loro piani per il futuro, ricompattando i nuclei familiari,  invece di rispedirli da dove sono fuggiti, delegando ad altri sostegni economici, autorizzazioni e mezzi  per occuparsi di un’emergenza che non abbiamo voluto affrontare?

Franca Furbatto

Concorso letterario Unitre Moncalieri

mercoledì 16 Marzo 2016

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Le partecipanti al concorso letterario Unitre Moncalieri, edizione 2015 – 2016, VIII edizione per la sezione narrativa e IX edizione per la sezione poesia. Venti i racconti presentati, quaranta le poesie in italiano e piemontese. Il concorso é riservato agli iscritti Unitre e Volpiano come da qualche anno a questa parte Vi partecipa con simpatia (nella foto manca Francesco Giordana, non presente quel pomeriggio). Non é un concorso concepito solo come competizione, ma come opportunità offerta ai Soci di esprimersi, attraverso la forma letteraria prescelta, per comunicare e condividere storie, emozioni, trascorsi, sentimenti, sogni…..Per l’occasione viene stampato un libretto in cui vengono pubblicati tutti gli elaborati presentati, siano essi vincitori che non. Per noi anche quest’anno la partecipazione é stata fruttuosa e ci ha portato a casa tre menzioni speciali e un terzo premio per Francesco. UniteVi a noi nella partecipazione il prossimo anno, é sempre un momento di aggregazione e di simpatia, un pomeriggio vissuto nel giusto spirito e con calda accoglienza e stima da parte degli organizzatori , dell’editore e dei colleghi Unitre Moncalieri, ai quali vanno i nostri ringraziamenti per il lavoro svolto, la dedizione dimostrata in tutti questi anni, nella cura e nell’ allestimento dell’evento.

Franca

 

 

Visita al TERMOVALORIZZATORE DI TORINO

martedì 15 Marzo 2016

IMG_0841IMG_0844 (2)Molto interessante è stata la visita al termovalorizzatore di Torino in regione Gerbido fatta  da una trentina di associati Unitre  e amici sabato 12 marzo 2016. Grandi spazi e sofisticati impianti  preposti  a trasformare e riciclare i rifiuti della città e dintorni  compresa la nostra  Volpiano, senza danneggiare  e inquinare l’ambiente. Vale la pena di una visita  per colmare  molte curiosità e  capire l’importanza della raccolta differenziata.

L’Unitre ha compiuto 32 anni

domenica 13 Marzo 2016

Domenica 6 marzo 2016 si è festeggiato il 32° anniversario Unitre.

Un ringraziamento particolare ai rappresentanti delle Associazioni Volpianesi, al coro Unitre / Anni Azzurri che hanno partecipato alla funzione religiosa rendendo questo momento molto speciale.

Agli Associati che si sono ritrovati al ristorante per un momento conviviale un caloroso grazie, perchè fanno sì che le  vecchie tradizioni possano continuare.

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VISITA ALLA MOSTRA DI MATISSE

sabato 13 Febbraio 2016

Un bellissimo gruppo appartenente all’ Unitre ha visitato la mostra con grande interesse,

è poi seguita una ricca apericena al Museo Egizio.merena sinoira ai museo

BENVENUTO FEDERICO!

sabato 13 Febbraio 2016

Ieri  alle 13,59 è nato FEDERICO  figlio di Monica Romano,  docente di inglese nei laboratori Unitre.

AL  PICCOLINO  L’AUGURIO DI UN FELICE AVVENIRE  , ai genitori  e sorelline congratulazioni e auguri vivissimi   da tutte/i  nascita noi.

Arrivano i dodici – Andersen

venerdì 1 Gennaio 2016

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Dodici in diligenza di H.C.Andersen

Era la notte di San Silvestro e l’orologio della chiesa aveva suonato allora i dodici tocchi. “Evviva, Evviva” gridava la gente in tutte le case della città, perché era l’ultima sera dell’anno; e allo scoccare della mezzanotte tutti riempirono i bicchieri e bevettero alla fortuna dell’anno nuovo. “Buon Anno, buon anno!” Era l’augurio di tutti: “Salute, pace e felicità… figli maschi e quattrini in quantità!” Tutti ripetevano l’augurio, i bicchieri si toccavano, tintinnando …..e proprio in quel momento, alla porta della città si fermava un carrozzone con dodici forestieri. Chi erano quei viaggiatori? Ciascuno aveva il suo passaporto ed il suo bagaglio; e portavano persino dei regali: per te, per me, per tutta la gente della città. Ma chi erano? Che volevano? Che cosa portavano poi?
“Buon anno!” gridarono alla sentinella ch’era di guardia alla porta della città.
“Buon anno! “ rispose la sentinella; e al primo che scese dalla diligenza:”Il suo nome e la professione?” domandò. “Veda Lei, nel passaporto!” rispose l’uomo: “lo son chi sono!” Ed era un bel tipo davvero, tutto ravvolto in una pelliccia d’orso e con gli scarponi col pelo: “ Sono colui su cui tanti e tanti concentrano le speranze. Venga da me domani, e le darò una bella strenna di capo d’anno. Spargo per tutto mance e doni, e faccio inviti a balli e a feste; ma più di trentuno non ne posso dare. Le mie navi sono in mezzo ai ghiacci, ma il mio studiolo è caldo e vi si sta bene. Sono negoziante all’ingrosso: il mio nome è Gennaio, e porto con me solo conti.”
Scese a terra il secondo; era un allegro camerata, impresario di teatri, direttore di balli figurati, anima di tutti i divertimenti possibili e immaginabili. Tutto il suo bagaglio consisteva in una grossa pentola. “Quando c’è questo, l’allegria non manca mai” diss’egli, “Voglio far divertire, ma voglio anche divertirmi, poi che ho poco tempo da vivere: di tutta la famiglia sono quello che vive meno, ventotto giorni soltanto. Tutt’al più, ogni tanto, mi buttan là un giorno per soprammercato; ma non ci conto molto, e faccio buon sangue egualmente. Urrà!”
“Non tanto chiasso! “ fece la sentinella.
“Posso fare quanto chiasso mi pare e piace! “ rispose il viaggiatore:
“Sono il Principe Carnevale, e viaggio incognito sotto il nome di Febbraio”.
Scese il terzo. Era magro come la Quaresima, ma stava impettito perché era parente dei Quaranta Cavalieri danesi, faceva lunari e prevedeva il tempo e le stagioni. Il mestiere, però, non era troppo lucroso, ed ecco perché consigliava tanto i digiuni. Portava all’occhiello un mazzolino di violette, ma piccine piccine e stente.
“Don Marzo, Don Marzo!” gli gridò il viaggiatore sceso dopo di lui, e gli batté sulla spalla: “Non senti che buon odorino? Va’ subito nella saletta dei doganieri: stanno bevendo un ponce, la tua bevanda prediletta. L’ho sentita alla fragranza. Corri, corri, Don Marzo!”
Ma non era vero niente; colui che parlava non voleva se non fargli una burla, uno dei suoi famosi pesci, perché aveva nome Aprile, e col primo pesce cominciava la sua carriera nella città. Sembrava molto allegro; lavorava poco, perché aveva più vacanze di tutti. “Basterebbe che ci fosse un po’ più di stabilità a questo mondo! “ disse.
“Ma talvolta siamo di umore gaio; tal altra uggioso, secondo le circostanze. Ora piove, ora fa sole; ora si sgombera, ora si torna. Io tengo una specie di agenzia di collocamenti, fitti e vendite, ed ho anche l’impresa dei trasporti funebri. Rido o piango, a seconda del momento. In questa valigia ho i miei vestiti da estate ma non sono tanto sciocco da mettermeli Eccomi qui! La domenica vado alla messa con le calze di seta a trafori e col manicotto”.
Dopo di lui, scese una giovinetta. Aveva nome Maggiolina, portava un leggero vestito da estate, d’un verde tenero e, sopra le scarpette, un paio di galosce. Nei capelli aveva un mazzolino di anemoni bianchi ed era tanto profumata di timo, che la sentinella starnutì.
“Dio vi benedica!” esclamò la fanciulla; e quello fu il suo saluto.
Com’era bella! E come sapeva cantare! Non era cantatrice da teatro, né da camera; era cantatrice di bosco, perché andava errando lietamente per la verde foresta e cantava per suo piacere. Nella borsetta da lavoro aveva due libriccini: Le incisioni di Christian Winther, perché sono come il bosco di faggi, e Le piccole poesie di Richardt, che sono come le stelline odorose.
“Ora arriva la signora, la giovane signora!” gridarono da dentro la carrozza, e così uscì la signora, giovane e snella, fiera e graziosa. Si vedeva subito che era nata per festeggiare i “sette dormienti”. Teneva un banchetto nel giorno più lungo dell’anno perché si avesse il tempo di mangiare le molte portate; poteva permettersi di viaggiare in una carrozza tutta sua, ma arrivò con la diligenza come gli altri, in tal modo voleva dimostrare di non essere altezzosa; del resto non viaggiava da sola, era accompagnata dal fratello minore Luglio.
Era questo un giovanotto grassoccio, vestito d’estate, con un grande cappello Panama. Non aveva che poco bagaglio, perché col caldo tutto dà noia, per ciò non portava con sé che le mutandine da bagno e quelle gli davano poco ingombro.
Poi arrivò madama Agosto, fruttivendola all’ingrosso, proprietaria di molti vivai di pesci, contadina in crinolina; era grassa e calda, partecipava a tutto, andava in giro con la botticella della birra fra la gente nei campi. “Con il sudore della fronte mangerai il pane” disse, “sta scritto nella Bibbia; poi si può anche fare il ballo nel bosco e la festa per il raccolto!” Era madama Agosto.
Poi scese ancora un uomo, pittore di professione, il maestro del colore, al bosco veniva detto che le foglie dovevano cambiare colore quando lo voleva lui, ma doveva essere bello; subito il bosco diventava rosso, giallo, marrone. Il maestro fischiava come lo storno nero, era un buon lavoratore e attaccava i pampini verdebruni di luppolo al suo boccale della birra, era un ornamento e lui aveva occhio per gli ornamenti. Eccolo lì con il suo vaso di colori, che era tutto il suo bagaglio.
Lo seguiva un signore di campagna, che pensava al mese della semina, all’aratura e ai lavori della terra- be’ anche un po’ al divertimento della caccia. Il conte Ottobre aveva con sé cane e fucile e la carniera piena di noci, che facevano un rumorino secco quando camminava. Portava un bagaglio di dimensioni incredibili, aveva persino un aratro di fabbrica inglese; e non parlava che di agricoltura, ma a mala pena si sentiva quel che diceva per la gran tosse e le rumorose soffiate di naso del suo vicino.
Quegli che tossiva così era Novembre, molto seccato da una tremenda infreddatura: tanto che portava un lenzuolo invece del fazzoletto. E, nonostante l’infreddatura, gli toccava andar in giro con le nuove cuoche e le domestiche, per condurle a far le provviste ed insegnar loro il servizio d’inverno. Diceva che si sarebbe liberato dai suoi malanni andando al bosco a far la legna: doveva spaccarla e segarla, perché era Gran Guardiano della Confraternita dei segantini e fornitori del focolare. Passava la sera a intagliare suole di legno per i pattini, perché sapeva bene, diceva, che tra poche settimane ci sarebbe grande richiesta di quel genere di calzature.
Infine comparve l’ultimo viaggiatore, il vecchio Nonno Dicembre, con lo scaldino in mano. Era tutto intirizzito, ma gli occhi gli brillavano vividi come due stelle e teneva tra le braccia un vaso di fiori, dove cresceva un piccolo abete. Diceva: “Avrò cura di quest’alberello, perché cresca bene, e per la sera di Natale possa arrivare con la vetta a toccare il soffitto e cresca con le candele accese, le mele dorate e i ritagli. Questo scaldino manda un calore, che pare una stufa… e io tiro fuori il libro delle fiabe e leggo ad alta voce così che tutti i bambini nella stanza rimangono in silenzio. E allora le figurine dell’albero di Natale diverranno vive, e il piccolo angelo di cera spiegherà le alucce di stagnola dorata e volerà giù dalla vetta dell’albero e bacerà grandi e piccini, tutti quelli che sono nel salotto caldo, ed anche i poveri bambini che stanno fuori, in istrada, e cantano il canto di Natale della stella di Betlemme”.
“Bene; ora la diligenza può andare!” disse la sentinella: “Tutti i dodici passeggeri sono scesi. Frusta cocchiere!”
“Prima bisogna che i dodici viaggiatori vengano qui da me!” disse il Gabelliere.
“Uno per volta! I passaporti restano a me. Ognuno è valido per un mese; finito il mese, scriverò sul passaporto le generalità e le note a seconda della loro condotta. Prego signor Gennaio, entrate pure!”E così entrò.
Finito l’anno, cari lettori, credo che sarò in grado di dirvi quello che i dodici viaggiatori avranno portato in dono a me, a voi, a tutti. Ora non lo so, parola d’onore; e sto per dire che forse non lo sanno nemmeno loro. Si vive in certi tempi cosi curiosi!

Franca – Auguro a tutti Voi un meraviglioso nuovo anno!

PRESEPI NELLE CAPPELLE VOLPIANESI

venerdì 18 Dicembre 2015

Sono n fase di allestimento i Presepi nelle varie Cappelle Volpianesi,  ecco quello della Madonna delle Vigne – Borgo Colombera – (naturalmente senza Bambinello perché non è ancora nato)

Qualcuno aggiunge anche le foto  degli altri Borghi???Presepe Madonna Vigne 2015

AUGURI DI NATALE

domenica 13 Dicembre 2015

Anche quest’anno la nostra cara Emilia Testù invia i suoi Auguri di Natale con una lettera,  un messaggio d’amore a noi tutti.

 LETTERA DEL NATALE 2015

Quando da noi arriva l’aria dicembrina è facile pensare:  il Natale si avvicina!!

Il più delle volte, in anticipo, a farlo ricordare è la parte commerciale.

L’Avvento è l’attesa della Tua venuta, la festa delle famiglie, la Tua , ma anche la nostra.

Ma la poesia del Natale è ancora, quella dei bimbi piccini che, davanti al presepe, mandano baci a Gesù con le loro manine.

Non chiedono perchè la Tua culla è sulla paglia, ancora non sanno quanti sono gli

Erodi di oggi che dimenticano questo giorno, che non sentono il canto degli Angeli

che annunciano:

” Pace in terra agli uomini di Buona Volontà! “

Quando l’uomo si accorgerà?

Che ascolta solo e sempre il  suo ”  io  ” e, non si accorge che il mondo sul quale vive

è di Dio?

” Andiamo incontro con gioia al Signore ”  in questo Avvento.

Buon Natale a tutti !!

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Emy

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In  questo Natale mi è difficile non pensare a quanti soffrono, il mio pensiero va ai tanti piccoli innocenti che, a  causa delle guerre, anche quest’anno non conosceranno pace e misericordia.

”  Signore intenerisci i cuori dei tanti Erodi e dona pace su questa terra martoriata “

Buon Natale

Piera Camoletto