Terre di mezzo: ultima puntata
Ed eccoci, come promesso, alla seconda “puntata”. Marina alla fine è riuscita a liberarsi e siamo partiti alla volta di località un po’ diverse da quelle precedenti. La prima è …
Scarzuola
Anche Scarzuola ha i suoi natali illustri: si narra che in questo luogo Francesco d’Assisi nel 1218 costruì una capanna con la scarza, una pianta palustre; in un secondo tempo fondò un convento; piantati una rosa e un alloro, sgorgò una fontana verso cui, ancor oggi, viene prestata molta devozione.
I fatti, quelli accertati, riportano oltre alle narrazioni tradizionali, che nel 1282 Nerio di Bulgaruccio, Conte di Montegiove, per celebrare il leggendario passaggio di Francesco d’Assisi, fece costruire una chiesa con oratorio, laddove sarebbe sorta la capanna. L’edificio fu affidato in custodia ai Frati Minori, che lo consacrarono alla SS. Annunziata, e vicino alla chiesa fu eretto il convento della Scarzuola. Abbandonato dai frati verso la fine del 1700, ne presero possesso i Marchesi Misciattelli di Orvieto. In seguito, nel 1956, il complesso fu rilevato dall’architetto Tommaso Buzzi. Nell’abside della chiesa è stato scoperto nel 1996, e riportato alla luce, un affresco della prima metà del XIII secolo, indicato dagli storici dell’arte come uno dei primi ritratti raffigurante San Francesco in levitazione.
L’obiettivo dell’acquisto del complesso conventuale da parte di Tommaso Buzzi era quello di costruire la sua “città ideale”. Dapprima ricuperò il convento, successivamente trasformò gli orti dei frati in un fantastico impianto verde ove, tra siepi di bosso, fiori rari, statue e pergolati, si rievoca il mito d’amore tra Polifilo e la sua ninfa. Questo primo progetto, nell’intenzione buzziana, completava la “città sacra”. Successivamente passò ad edificare, al termine del giardino, la “città profana”, che chiamerà “La Buzziana”, affacciata su un vasto anfiteatro naturale.
La Buzziana appare proprio una città profana, sovraccarica com’è di riferimenti e citazioni: ovunque vi sono impressi motti, monogrammi e simboli non immediatamente decifrabili. Concepita in base ad un personalissimo neo-manierismo, la cittadella presenta forme sconcertanti e complesse: vi abbondano scalinate e scalette, bassorilievi di mostri, statuine, figure fitomorfe senza alcun richiamo all’architettura. Fabbricati e monumenti quasi si sovrappongono senza soluzione di continuità: strutture circolari come osservatori astronomici arabeggianti, templi di culti pagani con la torre di cristallo che ricorda, invece, più il pinnacolo di una cattedrale gotica.
Tommaso Buzzi, alla sua morte avvenuta nell’80, lascia incompiuta la sua creazione di pietra, ma la Buzziana non scompare e oggi, quasi interamente compiuta, si presenta all’uomo del Terzo Millennio come una concezione interrogativa per lo spirito. Abbiamo però scoperto che la visita deve essere prenotata e quindi ci siamo limitati a percorrerne un lato intravvedendo solo una minima parte delle strutture.
Corciano
Il borgo si trova a pochi chilometri da Perugia, e prospetta agli appassionati della natura viste di profondo interesse; fu costruito sulla cima di una piccola altura, ed appare contornato dalla imponente mole del distante Monte Amiata e del Monte Acuto. La nascita del borgo di Corciano viene fatta risalire all’epoca etrusca, anche se l’origine è da ricercare nel nome proprio latino Curtius (o Coricius o ancora Corisius), proprietario di un fondo rustico; tuttavia la tradizione popolare vuole, invece, che Corciano significhi Cuore di Giano o piuttosto Colle di Giano; ma, come sempre accade per ogni borgo italiano che si rispetti, occorre avere i natali da un antenato illustre, magari preso a prestito dalla mitologia.
Secondo un’antica leggenda, infatti, Corciano è sorta per opera di Coragino, mitico compagno dell’eroe Ulisse; e, sempre secondo la leggenda, lo stemma del Comune, uno scudo inquartato di rosso e argento, fu donato al paese da Orlando, paladino di Francia, dopo aver vinto a duello il corcianese Cornaletto.
E’ solo il borgo che può raccontarsi, con il suo intreccio di vicoli e strette scalinate, con il colore delle sue pietre, con i segni leggibili della sua storia: semplicemente un manufatto armonioso e conservato nel suo antico splendore ed integrità.
Dominato dalla imponente mole del suo castello antico, circondata da un ambiente del tutto unico e particolare, è certamente degno di essere vissuto ed apprezzato in tutta la sua bellezza.
Ritroviamo, protette tra i vicoli della sezione storica della città, le architetture antiche: la Chiesa di Sant’Agostino, edificata nel XIV secolo, la Chiesa di Santa Maria Assunta, splendido edificio medievale, la Chiesa di San Francesco, la cui costruzione risale al XIII secolo, e la Chiesa di San Pietro di Taverne, appena fuori dall’abitato. Edificato nei territori del nord dell’Umbria, Corciano rappresenta una delle zone di maggiore bellezza del centro Italia, mostrandosi come un piccolo scrigno di arte antica e di pregevoli realizzazioni, conservando la capacità di unire e mescolare le straordinarie attrattive del mondo naturale a quelle artistiche.
Tuoro
Hannibal, Hamilcaris filius, Carthaginiensis
A Cornelio Nepote bastano solamente queste quattro parole, sintetiche, categoriche, rigorose; sono quattro colpi di scalpello e mazzuolo che dal masso di pietra sanno sprigionare tutta la possanza del personaggio, per presentarci il più grande avversario di Roma: non ho trovato in nessun altra occasione una presentazione tanto essenziale e laconica quanto più efficace di questa.
Il personaggio viene calato subito, all’inizio del testo, quasi a sigillare ogni possibile commento da parte del lettore. Questa presentazione me la sono trascinata per anni nella memoria, fin dal tempi della seconda media ed ero curioso nel verificare quali luoghi avevano ancora memoria di lui. E così siamo diretti a Tuoro, dove avvenne la battaglia del Trasimeno (e il rispetto per l’intelligenza militare di cotanto nemico di Roma ci ha indotto anche a cercare su Wikipedia una possibile ricostruzione della stessa ).
All’alba del 24 Giugno del 217 a. C., sotto una fitta coltre di nebbia, la maggior parte dell’esercito romano entrò nella pianura a Nord del Lago Trasimeno dalla stretta via che correva ad occidente tra le pendici dei colli e le acque. Annibale aveva posto la cavalleria e i Celti ad Ovest, a guardia dell’ingresso della valle. I Libici e gli Ispanici li aveva collocati al centro, dov’era il suo accampamento, presso il colle su cui oggi è situato l’abitato di Tuoro. I frombolieri delle Baleari e gli altri armati alla leggera li aveva schierati su un largo fronte nel lato orientale della trappola per chiuderne l’uscita. Quando il generale cartaginese diede l’ordine di attacco, le legioni romane furono spezzate in due dalla cavalleria e dai Galli. La retroguardia trovò scampo nella fuga, mentre gli altri legionari, inferiori di numero, attaccati in ordine di marcia, furono in breve sopraffatti.
La battaglia si concluse dopo tre ore. Circa 15.000 Romani vi trovarono la morte: i più perirono per mano nemica, alcuni, si racconta, si uccisero l’un l’altro per non cadere prigionieri, altri affogarono nelle acque del lago. In realtà i 6.000 che componevano l’avanguardia riuscirono ad aprirsi un varco ad Est, ma il giorno successivo furono fatti prigionieri.
Tuttavia ultimamente gli storici stanno modificando questa versione, soprattutto per quanto riguarda la locazione della battaglia e le dimensioni del lago (più largo, più piccolo); comunque siano andate le cose, per Roma fu una sonora sconfitta in ogni caso. È il caso di ricordare che esiste un Centro permanente di documentazione della battaglia e un museo storico a cielo aperto degli avvenimenti militari.
Monteriggioni
A 15 km da Siena, in direzione Nord, polarizza la nostra curiosità una fortificazione spavalda e dominante che trasuda potenza militare da ogni sua pietra. Monteriggioni è un antico borgo fortificato; a poche decine d’anni dalla sua fondazione, nel pieno del suo splendore doveva davvero apparire grandiosa e incutere un senso di ciclopica maestà per la sua forma circolare con le sue torri che, come una corona, si elevavano sulle mura tanto da indurre Dante, per definire l’aspetto degli smisurati giganti infissi nella voragine di Malebolge, ad avvalersene come riferimento (canto XXXI dell’Inferno: “…Monteriggion di torri si corona..”).
Costruito dai senesi nel 1200, fu spesso teatro e motivo di scontro tra Siena e Firenze. La foto del manifesto a lato visualizza dall’alto il complesso fortificato noto per la sua inespugnabilità. Il Castello di Monteriggioni con le sue 14 torri alte sulle mura è stato per secoli una delle più importanti sentinelle delle terre di Siena.
Posto in posizione strategica, lungo l’asse della via Francigena, principale via di comunicazione e di commercio tra l’Italia e la Francia, Monteriggioni resta un magnifico esempio di “terra murata” che proteggeva gli abitanti del piccolo borgo agricolo; per maggior difesa, era circondata da una “carbonaia” cui, in caso di attacco, veniva appiccato il fuoco.
Lungo la cinta muraria, rimasta quasi intatta, si aprono la Porta Franca in direzione di Siena e Porta San Giovanni verso Firenze. Tutto del pittoresco villaggio, ancora abitato, è rimasto immutato: le botteghe conservano l’antico aspetto medievale.
Le mura, che sovrastano una dolce collina di vigneti e oliveti, racchiudono gelosamente al loro interno un angolo di Medioevo. Il nucleo urbano si compone di piccole case e di una piazza centrale dove si affaccia la Pieve di Santa Maria Assunta. Le torri, dopo che Monteriggioni perse il suo ruolo militare durante i secoli successivi, vennero abbattute dagli abitanti, forse per riutilizzare i mattoni per altre opere, o per evitare, come si racconta, che queste, ormai diroccate, cadessero pezzo per pezzo sulla testa dei contadini impegnati a coltivare gli orti all’interno delle mura. Oggi sono state ricostruite e munite anche di comodi camminamenti che permettono a noi turisti di ammirare lo scenario del paesaggio circostante.
Si favoleggia di cunicoli sotterranei e passaggi segreti che metterebbero in comunicazione il castello con alcuni fortilizi della zona, persino con Siena, di tesori nascosti e mai ritrovati, con segreti e segrete. Fra storia e leggenda, si racconta che Monteriggioni cadde in mani fiorentine solo a seguito del tradimento del suo Capitano, il fantasma del quale di notte si aggirerebbe fra le mura con scalpitii di cavalli e lamenti provenienti dai vicoli del paese.
Oltre alle curiosità, vogliamo darVi anche i numeri di Monteriggioni: cinta muraria: 570 metri, spessore delle mura: 2 metri, torri: 15 (oggi ne sono visibili 11) di misure 6x4x15 metri, abitanti oggi: 42, turisti: 70.000 ogni anno (tra i quali, oltre a noi due, anche Mr Tony Blair e Mr Ted Kennedy).
A presto
Marina e Luciano
15 Luglio 2011 alle 09:18
Siete proprio bravi !
E’ veramente confortante in questo periodo di vivere” in fretta e subito”
trovare delle coppie come Voi che con la giusta calma si fermano ad ammirare e fotografare angoli talvolta sconosciuti di questa nostra Italia raccontando e descrivendo emozioni e meraviglie, facendo così conoscere posti nuovi a quelle persone che non possono viaggiare.
Continuate ancora……La valigia è sempre pronta ,dove andremo la prossima volta?
17 Luglio 2011 alle 17:55
Mi associo a Margherita, avrei detto assolutamente le stesse cose, programmate presto un altro viaggio e poi ce lo racconterete con la stessa chiarezza descrivendo i luoghi e dandoci ampie nozioni storiche: bellissimo.
Grazie ed ancora complimenti!
18 Luglio 2011 alle 12:43
bel viaggio! un’idea ottima per u viaggetto tranquillo
4 Agosto 2011 alle 17:17
bellissima Monteriggioni, pensate che è stata completamente ricostruita in modo virtuale per ambientarci uno dei videogame più venduti di sempre: Assassin Creed. Questa saga di videogame racconta le imprese di un assassino toscano, la cui famiglia risiede a Monteriggioni nel XV secolo, così i videogamers di tutto il mondo oggi conoscono dove e com’è Monteriggioni.