PRO MISSIONI

“ PRO MISSIONI”

Erano gli anno sessanta, potevo avere allora sei, sette anni e Luciana otto o nove, frequentavamo l’oratorio e tutte le domeniche, dopo la messa delle ore nove,  andavamo al catechismo nei locali della parrocchia Madonna di Campagna, la nostra chiesa. La presenza dei bambini alla messa era importante : c’era la  classica divisione nei banchi tra maschietti e femminucce, sulla sinistra i primi, sulla destra le seconde. In chiesa eravamo accolte dalle suore dell’oratorio che ben conoscevamo e i maschietti dai frati francescani che gestivano la chiesa e le funzioni e l’oratorio.

Quella domenica di ottobre era la giornata delle missioni e così dopo il catechismo andammo a raccogliere le offerte fuori dalla messa delle undici con un’altra bambina più grande che vedevamo in oratorio e  che ci aveva ingaggiate, diciamo per la raccolta. Per noi era la prima volta che facevamo quel servizio, ma la bambina che ci aveva prese con sé sembrava un’ esperta e ci indicò come muoverci: dovevamo semplicemente ripetere “Pro missioni”, porgendo alle persone che uscivano dalla messa, la busta quadrata, a soffietto, ricamata, invitandole ad essere generose verso chi era meno fortunato di noi. La raccolta fu proficua, le persone si erano dimostrate generose, inoltre  la messa delle undici era la messa più importante per la presenza  numerosa di fedeli adulti e quindi con maggiori disponiblità.

Faceva freddo e per una buona ora, dall’inizio della messa alla fine rimanemmo a fianco della porta d’ingresso all’opera per raccogliere più fondi possibili per le popolazioni bisognose e instancabili, e così ripetevamo serrate “Pro missioni”. Alla fine eravamo senza voce, ma eravamo elettrizzate dalla nuova esperienza.

La ragazza che era con noi , terminata la raccolta, si precipitò a riconsegnare le buste con i denari offerti dai fedeli, ma prima ci invitò a prendere 100 lire a testa come premio – paghetta per il lavoro svolto, lei ne prese di più. Noi facemmo quello che lei ci disse e in quel momento ci sembrò tutto normale. Non riflettemmo sul nostro gesto, anzi eravamo molto contente di aver guadagnato 200 lire e ci avviammo verso casa, mentre la chiesa stava chiudendo ed erano circa le 12e 15. Arrivammo a casa entusiaste dell’esperienza fatta e della cifra sostenuta raccolta per le missioni. Facemmo vedere alla mamma subito  i soldi “ che avevamo guadagnato”, ben 200 lire.

Ricordo ancora come fosse adesso la tavola apparecchiata, il risotto che ci stava aspettando e papà già seduto a tavola pronto a iniziare.

La mamma di fronte alla nostra esposizione dei fatti, andò su tutte le furie e si arrabbiò molto con noi. Appena si riprese ci spiegò la gravità del gesto: avevamo sottratto dei soldi alle offerte fatte per le missioni, dove c’erano  persone che avevano bisogno di quell’aiuto e il servizio di raccolta da noi effettuato era e doveva essere assolutamente gratuito, fatto a fin di bene, e non prevedeva certo un  compenso per chi raccoglieva le offerte. Lo spirito che ci guidava era spirito di carità. L’aver preso 200 lire da quelle offerte era RUBARE, perché ci eravamo impossessati di qualcosa che non era nostro.

L’azione era stata gravissima e mamma era veramente infuriata: ci fece rinfilare immediatamente il cappotto e le scarpe e con l’approvazione del babbo, accompagnate da mamma ci recammo in chiesa con le 200 lire nel portafogli di mamma. Giunte alla chiesa, i portoni erano chiusi, allora la mamma suonò nella vicina casa parrocchiale. Di lì a poco si presentò padre Guardiano e la mamma chiese di parlare con il parroco Don Venanzio urgentemente per un fatto grave.

Il parroco che ben conoscevamo ci accolse stupito. La mamma ci fece raccontare l’accaduto: la raccolta per le missioni effettuata quella mattina, precisando che era la prima volta che facevamo quel servizio e non sapevamo come comportarci.  Parlammo dei soldi  che avevamo preso, su invito della ragazzina che era con noi, A quel punto mamma restituì le 200 lire al parroco. Eravamo piuttosto imbarazzate, ma avevamo capito di aver sbagliato e di aver commesso un gesto grave, anche se sollecitate dalla compagna.  La contentezza di renderci utili e di guadagnare anche noi qualcosa, ci aveva reso cieche di fronte al gesto che poi avevamo compiuto, senza riflettere su quanto stavamo facendo. Chiedemmo scusa al parroco e alla mamma per il nostro comportamento. Don Venanzio ci strinse forte a sé e così fece la mamma, facendoci promettere che non avremmo mai  più compiuto un gesto simile.

Il Parroco ringraziò del gesto, tranquillizzò  la mamma, e le fece i complimenti davanti a noi per come si era mossa e per gli insegnamenti che ci aveva trasmesso con il suo comportamento e la ringraziò per la sua onestà. Ricordo ancora le parole: “ con una mamma così le ragazze non potranno che crescere nell’onestà, nel rispetto degli altri, consapevoli della responsabilità delle proprie azioni e capaci  di condividere esperienze e soprattutto di chiedere scusa di fronte ad un errore, in cui tutti possiamo incorrere”.

Ci  benedì tutte e tre e finalmente ritornammo verso casa affamate, ma felici perché sapevamo di aver fatto la cosa giusta e ci sentivamo più leggere. A casa papà ci aspettava ansioso e ci abbracciò forte: “ Oggi abbiamo imparato tutti come sia facile sbagliare, importante è raccontare sempre quello che abbiamo fatto, ascoltare la nostra coscienza e rendersi conto delle nostre debolezze. Il sapersi assumere con prontezza le proprie responsabilità è sintomo di maturità e soprattutto saper chiedere perdono a Dio e alle persone che abbiamo offeso ci fa trovare la pace del cuore, sapendo che non ci può essere perdono da parte del Padre se non lo chiediamo a chi abbiamo offeso.” Anche queste sono state parole che non ho dimenticato.

Il risotto era piuttosto scotto, ma ci rifacemmo con il secondo e il pranzo fu consumato in allegria, benedetto da Dio.

Ancora adesso ripenso a quel gesto e condivido, da mamma  pienamente, l’atteggiamento duro e tempestivo di mia madre, valse un insegnamento che durò tutta la vita e contribuì a formare le nostre coscienze.

Franca Furbatto

Scrivi un commento